Riportiamo uno stralcio dell'intervento del presidente Preziosi all'Assemblea di Unindustria Napoli.
"Ancora una volta, dopo una crisi
recessiva, l’Italia del Centro Nord riprende la strada della crescita e lascia
alle sue spalle un terzo del paese, il Mezzogiorno. Ma senza una robusta cooperazione tra Nord e
Sud non esiste la possibilità di agganciare la crescita, come nel resto
dell’Europa.
Si può fare? Si possono legare le
sorti di Napoli, della Campania e del Mezzogiorno ad un patto italiano per la crescita
in Europa? Perché no?
Nella sua relazione all’Assemblea
Pubblica dell’Unione Industriali di Napoli, il Presidente Ambrogio Prezioso
indica la strada per ripartire insieme, l’Italia con il Mezzogiorno, dopo il
declino.
Vi sono segnali che qualcosa si
sta muovendo nel verso giusto: la maggiore flessibilità nel rapporto di lavoro,
assicurata dal Jobs Act, e la decontribuzione hanno determinato un incremento
delle assunzioni. La semplificazione perseguita con la riforma della pubblica
amministrazione, le procedure telematiche che hanno ridotto i carichi pendenti
della giustizia civile.
Bene la manovra espansiva per il
2016. Ma per il Mezzogiorno servono anche un credito d’imposta per gli
investimenti, la proroga della decontribuzione, un superammortamento maggiorato
rispetto a quello previsto su scala nazionale dalla Legge di Stabilità.
Gli imprenditori napoletani
chiedono tre linee di sviluppo: politica industriale; infrastrutture e reti
materiali e immateriali; rigenerazione delle aree urbane. Da sostenere con
risorse europee e nazionali.
L’industria manifatturiera è il
principale motore dell’innovazione e
della crescita economica. In Campania le quattro filiere dell’Aerospazio,
Automotive, Fashion, Agro-Alimentare, insieme al sistema di imprese a rete che
nasce dal collegamento tra Turismo, Ambiente e Beni Culturali, devono essere
supportati e fare da leva per ulteriori percorsi di crescita.
Va rafforzata la filiera
dell’aerospazio, valorizzando le qualificate presenze produttive: dal tessuto
delle piccole e medie imprese agli importanti insediamenti di Finmeccanica. Va
colta l’opportunità di un partenariato tra industria navale e centri di ricerca
marina per realizzare a Castellammare di Stabia una nave oceanografica, che
consentirebbe lo sviluppo di prodotti high tech.
Bisogna:diffondere l’innovazione
e pertanto, sviluppare sinergie tra ricerca pubblica e privata; dar vita a
gemellaggi tra i Politecnici del Nord, le Università meridionali e i centri di ricerca;
utilizzare opportunità europee come Horizon 2020, che ha una dotazione di quasi
80 miliardi di euro; realizzare uno straordinario impegno per la forte
integrazione fra impresa, scuola e università per una formazione all’altezza
delle sfide; sostenere processi di internazionalizzazione e di aggregazione tra
imprese.
Vanno inoltre riqualificate le
Asi, i cui disagi, gravi quanto paradossali per aree destinate a favorire lo
sviluppo industriale, condizionano l’attività e a volte compromettono la stessa
esistenza delle imprese.
Bisogna rafforzare la capacità
contrattuale delle piccole imprese con il sistema bancario. E servono forme di
finanziamento alternative. Meno credito e più finanza!
Il gap infrastrutturale continua
a penalizzare il Mezzogiorno. Vanno potenziate reti e infrastrutture:
le reti energetiche per ridurne i
costi per le famiglie e le imprese;
le reti ferroviarie, dall’Alta
velocità Napoli Bari fino al trasporto locale;
il sistema portuale, collegandolo
a retroporti, a reti logistiche che consentano di assemblare e
valorizzare le
merci da destinare ai mercati di sbocco, tramite linee su ferro.
Il raddoppio del Canale di Suez
triplica il tonnellaggio complessivo che transita nel Mediterraneo. Il Sud e il
Sistema Paese devono potere intercettare, con adeguati collegamenti
intermodali, traffici altrimenti dirottati sulle rotte che approdano ai porti
del Nord Europa.
Il Porto di Napoli deve diventare
un hub logistico-commerciale e turistico e deve integrarsi con le altre
strutture portuali coordinate dall’Autorità di Sistema, in una visione che
sappia far diventare competitivo il sistema regionale. Una visione integrata,
almeno su scala regionale, deve affermarsi anche per il sistema regionale
aeroportuale.
La sintesi di tutti questi
progetti dovrebbe integrare industria e infrastrutture in una sorta di grande
“superinfrastruttura” per la crescita economica. Le infrastrutture, insomma,
sono un problema nazionale e non una serie di progetti frantumati tra le
singole Regioni.
Al rilancio della manifattura
concorrono anche i processi di rigenerazione urbana, con gli interventi
infrastrutturali, materiali e immateriali, decisivi per valorizzare il
patrimonio culturale, turistico e ambientale. Con la rigenerazione urbana si
può vincere la sfida imposta dal nuovo modello di metropoli: creativa,
ecologica, intelligente, inclusiva. Rimuovendo le condizioni di degrado,
riammagliando gli agglomerati urbani, integrando i sistemi infrastrutturali.
La cooperazione fra le
istituzioni, e fra queste e le forze economiche e sociali, è condizione
necessaria per una programmazione efficace e per lo sviluppo del territorio. Con questa metodologia, già avviata per la
riconversione di Napoli est, si possono rigenerare aree degradate come il
centro storico, uno tra i più grandi d’Europa, dichiarato patrimonio mondiale
Unesco, che tuttavia conserva al suo interno espressioni di grave disagio
sociale economico e territoriale, tipiche delle periferie metropolitane.
Si può intervenire in altre
importanti aree, come a Bagnoli e la buffer zone del giacimento archeologico
vesuviano. A Bagnoli, dopo la nomina del
Commissario, serve l’effettiva attivazione della Cabina di regia, che veda
finalmente tutte le istituzioni cooperare proficuamente per dare risposte
adeguate alla città, dopo inutili vent’anni.
A Napoli, in Campania e nel
Mezzogiorno, ci sono inoltre tutte le condizioni per il decollo di una
industria della cultura, dell’intrattenimento e dello spettacolo, in ogni sua
declinazione.
La Città Metropolitana di Napoli
conta oggi più di 3 milioni di abitanti, oltre la metà della popolazione
regionale. Ma la trasformazione e lo sviluppo del suo futuro non devono
risolversi in una mera operazione di ingegneria istituzionale.
Va colta l’opportunità per aprire
nuovi spazi all’economia e alle imprese e per mettere di nuovo in movimento le
migliori energie sociali del nostro territorio.
Purtroppo vi sono molti ritardi
nell’avvio di questo nuovo soggetto istituzionale.
Non è stato istituito il Forum
metropolitano. La Città Metropolitana non ha ancora provveduto a identificare
le proprie Zone Omogenee. Né il Comune di Napoli ha definito quelle con
autonomia amministrativa.
Al contrario di altre Città
Metropolitane, come Milano, Bologna, Genova e Torino, a Napoli non esistono, ad
oggi, attività relative alla pianificazione strategica e agli atti di indirizzo
per lo sviluppo economico della città negli anni a venire.
Non è possibile perdere altro
tempo!
L’Italia deve contare di più in
Europa. Ma senza una robusta cooperazione tra Nord e Sud non esiste possibilità di crescita e sviluppo per il
nostro paese. Si può fare? Si possono legare le sorti di Napoli, della Campania
e del Mezzogiorno ad un patto italiano per la crescita in Europa? Perché no?
Sì, si può fare.
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